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apr 26

Val Culea "integrale" - 25/04/2013

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25/04/2013. Sella - Forcella del Sas da Lech.
E' conosciuta come la "Val Culea integrale" che è un nome che ci stà tutto. Difatto è la naturale prosecuzione della valle e del suo canale, però non sò precisamente perchè quel nome non mi piace.
Comunque al di là del nome è una gita bellissima, e se si possiede un buon controllo degli attrezzi in discesa, è tutto sommato alla portata di tutti o quasi (BSA).
Il dislivello non è molto (circa 1.000mt forse un po' di più con lo sviluppo), ma il suo sviluppo (sostenibilissimo) è proprio bello. Questo giro permette di addentrarsi all'interno delle due valli più belle del sella: la val setus in salita e la val culea in discesa.
Si è sempre circondati da bastioni rocciosi e minacciosi, con pareti di canali sempre vicine a pressarti un po', ma in fondo difficoltà particolari non ce ne sono e permette con la risalita dell'ultimo canale anche di un pizzico di parte alpinistica (risalita di 150mt di canale senza corda ne altro, solo ramponi) che non guasta.
Si parte dall'11° tornante salendo da Colfosco, solitamente c'è un bel parcheggio sulla sinistra. Quest'anno vista l'abbondante nevicata c'era ancora la pista! Poco male al successivo tornante troviamo dove parcheggiare l'auto. Mario alle 23.45 tira fuori la tenda... lo guardo un po' scettico (pensavo di dormire in macchina), ma in 5 minuti d'orologio è già montata. Fà un freddo becco, ma a stà montagna non gliel'ha detto nessuno che era previsto zero termico a 3.000mt?
Una pisciatina, una risata, due battute e a mezzanotte e mezza ci distendiamo nei sacchi a pelo. C'è un'umidità all'allucinante e così si stà bene tutti vestiti dentro il sacco a pelo che viene chiuso anche sopra la testa. Un po' di rumori vari e penso che non dormirò poi molto... il secondo suono che sento è quello della sveglia alle 4.45!
Mannaggia a Mario che mi convince sempre a partire presto, esco fuori è buio esattamente come quando siamo andati a letto. Si torna velocemente a dormire e stavolta Mario mi dice: "ma io mi appoggio ma non riuscirò ad addormentarmi...". Apriamo gli occhi grazie alla sveglia puntata alle 5.30 altrimenti saremmo ancora là in curva a dormire. Un pò pigramente facciamo colazione e poi inziamo a prepararci. Ora si vede benissimo ed alle 6.00 partiamo.
La neve è durissima e mettiamo subito i rampant che non toglieremo mai.
La Val Setus è splendida, ti accoglie subito con un primo pendio a 40° che ti toglie il fiato e poi appena torna un filo più dolce ecco che arriva la vera valle quella stretta tra le rocce con i gradi che diventano 45 e blocchi di valanga da tutte le parti. E' meravigliosa e mentre la salgo mi dico che è un affronto per questo posto pensare di passarci e non scenderla.
Cmq saliamo bene ed abbastanza rapidi e superata la Setus arriviamo al primo terrazzamento, da qui si gira a sx ed un pochino la discesa sembra farsi vedere ma in realtà è solo una variante non sarà quella da cui si scende. Andando verso il Rifugio Piassadù decidiamo di stare alti per non perdere quota (al massimo 100/150mt) in compenso ci spariamo un traverso lunghissimo su pendenze da 35° in sù con neve massacrata fin dal primo sole (che la splitboard proprio la ama). Nemmeno con i cingoli sarei riuscito a far tenere la tavola che stà a valle, penso: "... come ti amo Mario..." ma lui con i suoi scietti è troppo lontano per sentire le insolenze. Va bhè dai fà tutta tecnica dicono, anche se per ora mi sono massacrato il metacarpo sinistro ed il quadricipite dx è in fiamme.
Arrivati a metà valon del Piassadù (però senza aver perso quei 100mt di dislivello!!) sulla dx si apre un primo canalino. Bhè più che un canalino sembrava un troi, all'inizio largo dieci metri e poi tutto pieno di sassi, passaggi da brivido & c. Io e Mario ci guardiamo e diciamo "bon è questo", poi per fortuna ci viene in mente di proseguire più avanti e dopo nemmeno 100mt in orizzontale sempre sulla dx si apre un autostrada verticale che porta alla forcella del Sas da Lech.



ci ostiniamo a tenere gli sci a piedi (nemmeno ce l'avesse ordinato il dottore), poi però dopo tre diagonali cediamo. Mario con scarponi rigida scaletta abbastanza bene, io con i Fitwell metto i ramponi semiautomatici e mi sento come un pascià. Pian piano saliamo e ci godiamo l'ambiente spettacolare con un sole che scalda l'animo.
Arrivati in forcella la prima impressione è che la discesa potrebbe essere un po' uno schifo. Vediamo due skialp che stanno salendo (sul versante che noi scenderemo) a zig zag tra blocchi di neve, valanghe e pezzi ghiacciati. "eh va bhè ma il giro è bello, ne valeva la pena...", decidiamo di aspettare che il sole entri nel canale per scaldare un po' il manto e regalarci un po' di firn. Attendiamo 45' facendo qualche foto e cazzeggiando, ma sia io che Mario sembriamo due bambini con un sacchetto di caramelle a dieci centimetri. Non aspettiamo oltre. I due skialp sono arrivati in forcella, due chiacchiere un saluto e via giù a manetta.
Parto un po' sul chi va là ed invece i primi 200mt sono fenomenali!! Polvere pura ed i blocchi di valanga sono soffici e con al punta della tavola esplodono... che figata.
A stò punto siamo galvanizzati edcontinuiamo la discesa senza troppe pause.



L'itinerario è poetico: si parte dalla forcella nel canale ripido (45°), poi si stringe un pochino per arrivare sul primo terrazzamento da cui già si intravede il secondo canale d'accesso alla valle sottostante (la val culea appunto). E' invitante e naturale, non può venirti in mente di andare da un'altra parte. Imboccato il secondo canale le pareti ti sono addosso e poi si apre la parte più bassa ed ecco che ti para davanti un terzo canale ancora più stretto. Sarei già dentro se la relazione vista il giorno prima non avesse detto: "non entrare nell'ultimo canale ma traversare dopo le rocce a dx per rientrare al passa gardena".
Io sono rientrato a destra e senza mai spingere dopo qualche dosso sono arrivato in pista e da lì alla macchina... ma la poesia diceva dritto e prima o poi dritto ci vado, impossibile che la natura abbia concesso un invito del genere se non avesse voluto essere percorso.
saluti
nicola

apr 10

Norvegia 2013 - Tromso e Penisola di Lyngen

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dal 27/03 al 07/04.
E' difficile condensare 10gg di scialpinismo senza dimenticare qualcosa ma sintetizzando nella giusta maniera. Esperienza unica nel suo genere, era da un po' che volevo vedere com'era la neve fuori dall'Italia e la Norvegia mi ha colpito.
Mi sono aggregato volentieri all'organizzazione Inmont, e per quanto mi riguarda, Massimo e Gianni hanno fatto un buon lavoro. Sono guide e non agenti di viaggio e come tali hanno dato quel senso di sicurezza che fà vivere l'escursione con aria più sollevata.
La neve: fantastica, metri e metri di polvere leggerissima. Dicevano che era da 50 anni che non si riscontravano condizioni del genere. Abbiamo pagato o scotto con un pericolo valanghe elevato che non ha permesso di scegliere alcuni itinerari più ripidi ed un meteo balordo che non concesso tregue (ma noi ostinatamente siamo riusciti ugualmente a sciare tutti i giorni).
L'ambiente: è strano, dire bello è riduttivo. molto contrastato. accanto a paesaggi naturali unici (montagne, acqua, fiordi, neve) si trovano pescherecci, porti, aeroporti, archiettura moderna per nulla l'impressione fasulla della ruralità in montagna a cui siamo abituati dai paesaggi dolomitici per turisti.
La sciata: meravigliosa e facile che spinge a portarti al limite senza nemmeno accorgerti. i pendii sono apertessimi spesso senza ostacoli, il bosco (per lo più betulle) se scelto con accuratezza è sciabile e divertente, le cornici sono di taglia extra large ed il pericolo magggiore è il vento che spinge a più non posso.
La logistica: abbiamo fatto base a Tromso, posizione centrale che ha permesso con spostamenti relativamente brevi di vedere zone molto diverse: dalle alpi di Lyngen fino ai fiordi con affaccio sul Mar Baltico. Inoltre è una vera città con supermercati per fare la spesa e potersi sfamare a prezzi abbordabili (al pub birra, patatine e hamburger €45).
Conclusioni: mentre stavo ripartendo non provavo quella solita strana sensazione di non voler tornare a casa, mentre ora che sono a Pordenone da 3gg non vedo l'ora di ritornarci.
Se a qualcuno servissero info più dettagliate contattatemi fornirò tutto quanto in mio possesso.
saluti
nicola

mar 04

Huda Paliza - 02/03/2012

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02/03/2013 - Val Saisera.
L'Huda Paliza è uno di quei canali che ti sogni da piccolo, sapendo che ci sono parechie probabilità che nella vita non ci riuscirai mai a farlo. Poi con il passare del tempo impari un po' di tecnica, fai un po' di fiato, metti il naso fuori di casa ed inizi a percorrere i classici dello scialpinismo e così alcuni di quei sogni ripidi vengono messi da parte perchè ti racconti che "a me interessa altro". sono bugie a fin di bene, me le dico perchè la verità troppo esplicita con noi stessi taglia le gambe e rattrapisce le ali della fantasia.
e così si và avanti con gli anni, si impara un po' di più, si acquisisce sicurezza e l'anno scorso si va a mettere il naso in val saisera raccontandosi che "è solo per andare a vedere altri posti, ma no lì è proprio impossibile".
Quest'anno le condizioni c'erano tutte, la neve, il compagno (samuele) e lei era là troppo invitante per dire di no. La giornata però parte tutta in salita, alzataccia arriviamo in valle e non si vede un'ostia. Una coltre di nubi un po' troppo spessa rispetto alle previsioni è là fissa appena sopra il bosco.
Va bhè partiamo e poi vedremo e le Alpi Giulie fanno subito capire di che pasta sono fatte. Bisogna macinare km per avvicinarsi alla montagna, abbandonare l'anello di fondo, risalire un bosco e poi infilarsi in un canyon con delle cascate incredibili (per un relazione dettagliata vi rimando a "Alpi Giulie Gruppo del Montasio", 2003, di M.CAndolini). Fin lì qualcosa si vedeva ma dopo vermente più nulla. la relazione dice che "il canale da sopra le cascate si vede in tutta la sua lunghezza", ma qua oltre al mio naso sono fortunato se vedo la punta della splitboard. Vaghiamo un po' a naso e poi tiriamo fuori la cartina, la orientiamo, sbagliamo un paio di tentativi finchè con un po' d'intuito decidiamo di salire verso le nuvole finchè si può e poi scenderemo.
Ed è stato così che ci siamo infilati propio nell'Huda Paliza, che ci ha voluto bene fin dall'inizio premiando la nostra perseveranza, e più salivamo più la visibilità migliorava fino a spuntare sopra alle nuvole ed ha percorrere questo orrido lenzuolo incassato tra le rocce fino alla forcella di Terra Rossa.
La discesa è entusiasmante, ma poi sotto ritornano la Alpi Giulie a ricordarti dove sei. E così dopo una giornata di fatica ora tocca il lungo rientro prima nel bosco e poi nell'anello di fondo. Ma ormai sono gli automatismi che ti fanno andare avanti e la stanchezza non fà più paura.
E' un luogo straordinario ed è valsa la pena sognarlo per tanto tempo.
saluti
nicola

feb 25

Cimon di Palantina - 23/02/2013

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23/02/2013. Cimon di Palantina.
Bene, dichiaro apertamente il mio eterno ed appassionato amore per questa montagna.
Sono certo che trattasi di montagna "femmina", è ovvio, non può che essere così.
L'ultima volta che sono riuscito a salire e scendere con la tavola era più di tre anni fà.
E' bella, ma di una bellezza sconvolgente, che ti lascia senza fiato. Fin dalla prima volta che la vedi da lontano, dalla pianura triste in cui viviamo, non può che affascinarti e rapirti. La notte non dormi più ed ogni sogno sarà dedicato a lei, a quella pala finale che ammalia la fantasia e che nessun altra cima fin'ora è stata capace di scalzare.
Non esistono delle motivazioni serie e reali per questa passione, o forse ne esistono anche troppi: l'itinerario completo in val de piera lungo uno dei boschi più belli del pianeta, l'assoluto silenzio che ci avvolge in salita, l'uscita nel bacino della casera con il portale fatto dagli abeti, le cime intorno che la guardano con rispetto e timore, lei stessa che ti guarda incutendo rispetto e timore, il bastione roccioso a suoi piedi, la pala finale splendida inclinata lunga e pulita, una croce di vetta spesso avvolta dalla neve ed il ghiaccio cosicchè scompaia lasciando le cime alle cime e non ai simboli degli uomini conquistatori.
Ma forse la domanda più logica è: come fate a non innamorarvi dopo averla conosciuta?
Esteticamente è perfetta. La sua salita e la sua discesa sono complesse ma non impossibili.
Bisogna sempre stare all'occhio e non lasciare a casa mai nulla (rampant, ramponi e picca). Quella volta che non li porti ti servono e non sali.
Dapprima il bosco messo lì ad abbassare le tue difese, poi l'ampia conca spesso soleggiata e così pensi "bhè che mai sarà" e così ti ha fregato. La cresta sottile che porta alla strozzatura sembra il profilo dei fianchi di questa dea. Sinuoso e sensuale, quando salgo qui la mente si abbandona e non esiste altro: la montagna, il cielo ed io.
Se ti ha permesso di arrivare fin qui e sei fortunato che ti lascia accedere anche alla parte superiore ormai sarai suo per sempre. Non importa se sali con lunghi zig-zag per gustarti fino alla fine quel pendio, oppure se vai sù dritto con i ramponi lungo quel profilo con il dirupo verso il cornor, il lastè e tutto il mondo che c'è a ovest. Una volta arrivato in alto non è finita devi ancora proseguire lungo la sua schiena che và accarezzata fino alla fine, semprechè questa fine esista.
La Palantina è una sirena, una volta lassù vorresti rimanere in eterno e non è detto che questo non possa essere l'ultimo dei miei desideri da mettere nel testamento. 



saluti
nicola

feb 02

01/02/2013 - Canale del Travignolo

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Ammetto che era uno dei progetti, ma così com'è arrivato, è riuscito a stupirmi e superare qualsiasi aspettativa.
Dalla prima lettura di "100 e più itenerari delle dolomiti", di G.Sani, il passo del Travignolo e il canale mi erano rimasti impressi.
L'ambiente è eccezionale (non faccio relazioni perchè tra il libro citato e la rete se ne trovano): si tratta di uno stretto canale tra il cimon della Pala e la cima Vezzana nel cuore delle Pale di San Martino.
Ieri, io e samuele, siamo partiti dal Passo Rolle, arrivati alla baita Segantini abbiamo percorso le creste di destra per poi fare il lungo traverso sotto i bastioni di roccia. Terminato il traverso si entra nella conca del ghiacciaio del Travignolo che ha come sbocco naturale uno stretto canale con una roccia incastrata nel mezzo. Al suo culmine in primavera solitamente si forma una cornice di misure epiche. Alcuni lo fanno prendendo la funivia della Rosetta, poi discesa e breve risalita sul versante opposto (che io sconsiglio vivamente).
Per questioni di sicurezza (vedere il canale prima di scenderlo) ed anche un filo di etica (squisitamente interiore, ognuno fà quello che vuole in montagna) abbiamo deciso che saremmo saliti da dove si saremmo scesi e così è stato.
Forse il momento più delicato sono stati gli ultimi 200mt nella conca prima del canale: c'è tanta neve e nella zona (che non conoscevo) il vento lavora in maniera strana, e così su questi vasti pendii la risalita andava scelta tra i coni dove non si erano formati lastroni da vento. Poi i timori in discesa sono stati ridimensionati, in quanto era tutto molto più sicuro delle apparenze.



Il canale è magnifico e completo sotto tutti gli aspetti della montagna. Salendo siamo passati a destra della roccia con un passaggio, arampicando con i ramponi (a proposito ottimi i fitweel), non proprio banale. Al ritorno una breve doppia di 15mt (a sinistra del masso) ha permesso di superare l'ostacolo. Ci sono 2 soste (samu ne ha vista una terza anche nel canale più in alto) con cordini su spuntoni (di cui una con maglia rapida utile per la doppia).



Se già l'itinerario è di quelli che mi mettono i brividi, ieri la cigliegina sulla torta è stata sia farlo il primo di febbraio con innevamento invernale ed abbondante (battuta traccia dall'inizio fino alla fine, mentre samu più esperto di me ha arrampicato per primo), sia in totale prima traccia e senza anima viva nè all'andata nè al ritorno.
Il rientro alla baita Segantini sembrava il ritorno al mondo civile, mai ambito dal sottoscritto, che infatti è tornato alla nuda e cruda realtà perdendo il portafoglio non sò dove.
Al momento le uniche due foto col mio "schifo" cellulare, poi quando Samu le scarica e me le passa aggiornerò il post. (ndr: aggiornato il post).

saluti
nicola

gen 07

05/01/2012 - Mondeval

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05/01/2012 - mondeval
pericolo valanghe 3 in dolomiti, penso tra me e me "ma cavolo non c'è neve??", cmq mi fido ciecamente degli esperti che stilano i bollettini e quindi cambio piano: invece della solitaria verso forcella del nevaio (con giro fino al fonda savio) mi metto d'accordo con Mario e  Giovanni che sono già a Santa Fosca e mi propongono una gitarella tranquilla sul Mondeval.
Accetto di buon grado anche se penso che non troveremo granchè ed in fondo la giornata sarà bella più per la compagnia che la sciata.
Ci troviamo veramente troppo presto per un'uscita del genere (alle 7am), tocca perdere un po' di tempo per caffè e brioches per aspettare un barlume di alba che permetta di vederci qualcosa.
Partiamo dall'itinerario classico, dopo la baita flora alpina sulla dx (verso pescul), la prima parte è una lunga strada forestale completamente innevata ed un po' ghiacciata con alcuni sali scendi. Poi dopo un ponte si svolta a destra entrando in un bosco rado per proseguire fino alla malga mondeval di sotto. L'itinerario ci farebbe proseguire fino a guadare il torrente per poi risalire sul versante opposto fino alla casera mondeval di sopra.
Io e Mario guardiamo a destra e vediamo proprio un bel canalino:


il canale da sotto



il canale da sopra

ora dimmi come fai a dirgli di no, è venuto spontaneo ad entrambi ed abbiamo lasciato la via classica. subito dietro di noi un gruppo di skialp forti con passo veloce hanno attaccato un altro canale, più largo ed invitante più a destra del nostro.
abbiamo così risalito il pendio a sud-est, che aveva già abbondantemente scaricato, per arrivare a quello che pensavamo un canalino appoggiato. bhè insomma tanto appoggiato non era, ma la sorpresa maggiore è stata all'uscita: l'intero versante nord (tutto in ombra) aveva conservato perfettamente una polvere di riporto che, nononostante il vento, non aveva ancora creato lastroni.
in poco tempo ci beviamo gli ultimi 300mt che ci separano dalla cima già pregustandoci quel ben di dio. il gruppetto di skialp davanti a noi parte prima ma si tiene ai limiti della zona vergine. noi dopo esserci rifocillati in cima seguiamo il filo di cresta (duretto) fino ad arrivare sulla perpendicolare di quella zona magnifica e poi giù dritti come missili. la splitboard a raggio lunghissimo alza il "naso" fino al secondo attacco, è proprio una goduria ma non finisce qui. Essendo partito più a destra mi trovo abbastanza vicino alla cresta e quindi da qui si ha una bel pendio con una pendenza tutt'altro da sottovalutare ma con neve fantastica, oltretutto alla fine c'è l'inbocco del canale di salita che però rimane cieco in quanto svolta deciso verso destra.
o mamma mia che bello... tiro una linea dritta, evito qualche sasso, ed entro nel canale con una curva secca. qui si passa dall'ombra alla luce e la neve cambia immediatamente, mi lascio portare da un piccolo dosso al centro del canale e qui lascio di nuovo andare la tavola, due curve rapide e sono fuori dal canale con una gioia dentro che esce fuori con un urlo che solo chi scia sà cosa significa. poi prendo la macchina e faccio un video (nemmeno troppo bello) a Mario e Giovanni alle prese con il canale.
Il resto è cronaca di un rientro per neve che va dà un firn di inizio gennaio (assurdo, assurdo) a crosta a cemento sulla stradina.
Arriviamo alla macchina tutti e tre con i soliti sorrisi da ebeti, mai mi sarei aspettato una giornata del genere. Variante azzeccata e neve incredibile, almeno in alto.
Poi si va a mangiare un'ottima cassoela da Mario con tanto di vinello e compagnia bellissima di una famiglia vermente allargata e numerosa.
ai prossimi progetti.
saluti
nicola

dic 10

08/12/2012 - Pelmo - forca croda rossa

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08/12/2012. io e samuele.
la voglia di uscire è tanta anche se il meteo è avverso. la sera ci mettiamo d'accordo per andare in Palantina, ma ben presto le mega rervisioni di nevicate in FVG si dissolvono e così arrivati in autostrada all'uscita per l'alpago tiriamo dritto.
A Misurina sono andato giovedì, propongo i versanti nord del Pelmo che dovrebbero tenere bene la neve e non essere troppo alti (così da evitare l'effetto vista zero dato dalle nuvole).
Andata per il Pelmo. Andiamo oltre il passo Staulanza e scendiamo per qualche tornante, parcheggiamo e si parte.
La visibilità è buona, ovvio il cielo non è luminoso ma va tutto bene, in alto si vede però che il vento stà lavorando parecchio.
La prima parte del ghiaione immenso è bella e ben coperta, i sassi sono un po' dei funghi ricoperti, inziamo a salire e dobbiamo battere traccia. Al momento siamo i soli in questo posto. L'ambiente è straodinario ed il Pelmo è immenso, anche se l'entrata dal ghiaione lo rende più avvicinabile e quindi incute lievemente meno timore.
Decidiamo di salire privilegiando il lato sinistro portandoci quindi verso alcune rocce.
Tutta la zona è già stata spazzata dalle valanghe su cui poi è nevicato sopra, il problema è che il vento ci stà dando dentro e persino nel ghiaione ha già creato delle lastre di tutto rispetto.
Salito il primo risalto arriviamo a ridosso delle forcelle e scegliamo quella più a destra (forca di croda rossa). Da sotto è magnifica, proprio bella. Iniziamo a salire e la neve cambia drasticamente: il cono in uscita dalla forcella si presenta delimitato ai lati da due lastre ghiacciate mentre nella parte interna sopra ad uno strato sofficie ed inconsistente ci sono dei serissimi lastroni da vento di spessore variabile ma non certo trascurabile. Già salendo si rompono e la sensazione non è buona. Guardando in alto sembrerebbe che un'idea di cornice si sia fatta.
Decidiamo di proseguire ancora un po' stando ben distanti, ma arrivati proprio sotto le rocce dove il canale si stringe (mancheranno un 100/150 mt) i lastroni e il vento che nel frattempo è aumentato ci cosigliano di scendere che in fondo la gioonata ce l'hanno già regalata. Nessuno può dire se abbiamo avuto ragione, ma stà di fatto che entrare in quel mirino naturale lungo 250mt con neve non consolidata... bhà... continua a non piacermi nemmeno l'idea.
La discesa non è stata delle migliori. In alto la neve è stata molto rovinata dal vento e la visibilità era brutta. L'assenza di luce rendeva impossibile capire l'andamento del terreno. Arrivati poi nella seconda parte del ghiaione però qualche soddisfazione ce la siamo tolti. La sciata in mezzo ai sassoni era divertente ed i cambi di neve costringevano a lavorare sulla sensibilità.
Arrivati alla macchina alla buon ora, al ritorno ci siamo fermati all'Insonnia.



SCARPONI BACKCOUNTRY FITWEEL:
oggi lo scarpone si è comportato ottimamente. Ci sono state parecchie diagonali in cui la presa di spigolo era indispensabile per stare in piedi e non scivolare, e lo scarpone aiutava ad una trasmissione sicura delle forze. Il freddo non ha dato fastidio ed in discesa nonostante i cambi repentini del manto nevoso la trasmissione delle sensazioni è stata migliore (più probabile che mi stia abituando al diverso materiale).
L'ingombro minore rispetto ad altri scarponi è una marcia in più non di poco conto. Il piede, lo stinco e la caviglia sono subito vicini all'attacco e quindi l'impulso ci metta poco a diventare movimento (con i pro e contro del caso ma qui semmai è colpa del rider).

saluti
nicola

dic 10

06/12/2012 - forcella pogoffa - misurina

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06/12/2012. San Nicola.
Decido che per il mio onomastico mi faccio un regalo: rubo una giornata all'ufficio e me ne vado in montagna.
Per fortuna un paio di amici assecondano la mia scelta e così si parte per misurina.
A parte alcuni doppi sensi assurdi, non voluti, mentre faciamo colazione il viaggio prosegue bene e come al solito il mistero della valle di Misurina anche quest'anno si ripropone.
Questo posto è benedetto dal dio della neve e se da altre parti ce n'è poca o bruttina, qui è abbondante e di super qualità.
Saliamo per la vecchia pista verso la conca della neve, poi ci dirigiamo verso la forcella della neve. Arrivati al masso in mezzo alla conca puntiamo a destra verso forcella Pogoffa, ci sono un paio di persone davanti a noi e così ci mettiamo in traccia. Per la splitboard è un po' un eufemismo visto che a malapena in traccia mi ci stà solo un asse, ma cmq tutto fà brodo ed invece di battere ex novo tutto sommato aiuta.
Dove il terreno diventa più pendente ai miei due amici si staccano le pelli. Oggi fà un freddo della madonna (-14 in partenza ed almeno -20 in forcella) e di riattaccarle non se ne parla. Uno si ferma a 100mt dalla meta mentre l'altro stoico carica gli sci sullo zaino e prosegue a piedi (sprofondando di tanto in tanto).
Gli ultimi 10mt stacco anch'io e li faccio più rapidamente sulla massima pendenza scalettando con gli scarponi.
La forcella è proprio bella è ad un passo dalle cime, particolarità di pregio di questi posti.
Mentre stò salendo incontro i due sciatori che ci precedevano che ovviamente mi fanno notare che loro avevano battuto traccia... non sò perchè ogni volta stà storia... lo dico apertamente "andare in montagna non è una gara" e quindi chissenefrega... non volevi battere bastava ti fermassi ed andavo avanti, cmq grazie e arrivederci.
In forcella ci raggiungono altre due persone molto simpatiche che poi si godranno insieme a noi una discesa con urletti. La discesa nella parte alta è splendida, polvere su fondo solido, non si può ancora mollare tutto perchè le asperità non si vedono ma si sentono però è una goduria. Gioco un po' con qualche grossa roccia che crea dei micro canali e stranamente quando esco sullo spazio aperto questa volta prediligo una serpentina abbastanza sul dritto rispetto alle mie solite curvone.
Il rientro avviene per la vecchia pista ormai maciullata ma cmq divertente.
Arrivato in parcheggio saluto gli amici, mangio un boccone e vado ad aiutare Renzo e Davide che accanto allo Chalet stanno costruendo gli igloo (molto divertente e tonificante lo consiglio a tutti).
SCARPONI BACKCOUNTRY FITWEEL:
questa volta le condizioni erano durette, il freddo era parecchio pungente e tutto sommato temevo che un limite di questi scarponi venisse in evidenza. Invece nonostante una scarpetta interna sottile il freddo è stato ben sopportato e non ho mai avuto le dite informicolate o doloranti. Certo non stavano caldissime ma in fondo siamo sempre in montagna. In discesa su neve così divertente l'estrema rigidità della scafo non aiuta, ed effettivamente quello che si guadagna in stabilità, equilibrio e precisione un filo si perde in sensibilità su terreni molto morbidi. Poco male credo che con un po' di utilizzi e in caso di terreno duro o ghiacciato si dimenticheranno in fretta queste piccole inezie.
Scalettando con la punta in salita sulla neve durissima sono andati che era un piacere, mai una scivolata ed anche nei traversi la presa di spigolo è molto più aggressiva con conseguente maggiore equilibrio e conservazione delle energie mentali e corporee.

alla prossima
nicola

dic 03

Test Scarponi Snowboard FITWEEL BACKCOUNTRY - 01/12/2012

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prima uscita dell'anno, partenza ed arrivo in Marmolada.
Il passo Fedaia è chiuso, ma il pandino và sù che è un piacere e nemmeno me ne accorgo che arrivo al passo. Salgo da lì e la meta è Punta Rocca, causa i gatti che lavorano con i cavi a 200mt dall'arrivo mi fanno girare i tacchi e scendere. Poco male tanto tra la zero visibilità dovuta alle nuvole e un pericolo valanghe da paura, la discesa  non sarebbe cmq stata una meraviglia.
Ed ora veniamo agli scarponi.
A chi interessa un vero e proprio test fatto da ragazzi che "viaggiano" consiglio di leggere qui: http://www.splitboard.it/forum/viewtopic.php?f=13&t=1566
Per chi si accontenta dello snowboarder casalingo potete proseguire.
E' ovvio che trattasi di una prima uscita e pure facile quindi non può che essere una prima sensazione da approfondire, però direi che ci siamo. Oltretutto considerando che l'anno scorso ho utilizzato gli Spark Deluxe (primo modello sul mercato specifico per lo snowboard alpinismo) riuscirò a fare un paragone.
La ditta è italiana, non significherà nulla ma per me è importante, oltretutto l'artigianalità del prodotto si vede tutta e dà un valore aggiunto non di poco conto.
Lo scarpone è per rider seri e non schizzinosi, già alla prima calzata si nota subito di cosa si stà parlando. Scafo quasi d'acciaio che per piegarsi necessità di una bella forza, il che sulla neve si traduce in sostegno e tenuta di spigolo, qualità essenziali quando si scia. Ho fatto troppo pochi traversi per capire se aiutano e quanto, ma credo che funzionino bene pure lì.
La qualità maggiore è il limitato ingombro dello scarpone nella zona del polpaccio, finalmente non si avrà più la sensazione di andare in giro con i moon boot e sarà possibile anche per gli snowboarder comprare pantaloni di taglie normali e non sembrare dei pagliacci sulle piste. Lode alla scelta controtendenza di tornare ai lacci ed evitare tutte quelle procherie semiautomatiche che poi si smollano e ti lasciano lo scarpone semi aperto.
Buona l'idea del blocca lacci anche se oltre a quello previsto sul collo ne avrei aggiunto uno anche nello scafo superiore (magari il penultimo). Ci si sarebbe messo più tempo ad allacciarli la prima volta ma poi rimarrebbero chiusi quasi ermeticamente. Sempre la parte alta l'avrei fatta un po' più alta (mia fisima) così da aggiungere uno strap (utilissimo).
La parte della scarpa è fenomenale, d'altronde fitweel le scarpe le fà proprio bene (di loro ho già gli scarponi d'alta montagna e delle scarpe di avvicinamento). La suola in vibram è bella dura e permetterà un passo sicuro con e senza ramponi: gli inserti di membrana esterna ricoprono le zone delicate proteggendole da acqua, neve ed usura.
Non sò come hanno fatto ma tutta questa struttura permette ancora una buona trasmissione delle vibrazioni tavola/terreno in discesa, fondamentali per una surfata di qualità. Certamente tutta questa rigidità cataloga il FITWEEL BACKCOUNTRY come uno scarpone molto tecnico e non facile. Sconsigliato per principianti e per chi soffre di freddo ai piedi.
Sù quest'ultimo punto ci sono però tutti i ma del caso. Nel senso che se si cerca la precisione, sopratutto in salita, magari con i ramponi e le picche, la scarpetta interna necessariamente non può essere una roba gigantesca e quindi inevitabilmente scalda un po meno e le dita sono più vicine allo scafo. Però trovo sia giusto così altrimenti si torna a quelle schifezze che per anni ci è toccato chiamare scarponi.
Quindi prima sensazione ottima, ora si spera in una stagione ricca per poterlo testare in altre situazioni ben più tecniche.
ciao
nicola

mag 25

Cevedale 3.769 m 24 Maggio 2012

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Tagged in: tavola e ciaspe

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Niente foto (al momento) ma spero arrivino presto [ndr: arrivate].
Ero via con Renzo e quindi almeno qualche immagine è assicurata.
Era da un bel pò che tentavamo di fare un'uscita insieme e devo ammettere che tutto è stato confermato esattamente come le mie idee ed impressioni.

 


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